PIETRO DALZOPPO era
il palafreniere fedelissimo ed amatissimo di GIUSEPPE MARIA GONZAGA sovrano del
DUCATO DI GUASTALLA – RAMO CADETTO GONZAGA DI MOLFETTA.
Nel 1703 questa
signoria annette anche il DUCATO DI SABBIONETA.
Nello stesso anno,
previo accordo con OTTAVIO II GONZAGA – RAMO CADETTO GONZAGA DI VESCOVATO, uomo
colto e letterato, viene conferito alla casata DALZOPPO il titolo nobiliare di MARCHESI - FEUDATARI DELLA MARCA DI BREDE - DÓMINI BREDIS,
stante che nello stemma araldico la “D”, in rosso e differente dalle altre in
nero, riconduce alla prima lettera dei DALZOPPO,
molto probabilmente discendenti dalla prosapia dei Feruffini, Signori di Sezze,
in epoca precedente la fondazione di Alessandria avvenuta in data 3 maggio
1168.
Estensione del Feudo (da nord in senso orario) :
Brede ed argine Po Nord – Mirasole – San Siro – linea lungo Canale
Bonifica Parmigiana Moglia – Villa Garibaldi – Camatta – Bardelle – Gorgo.
Nello scudo sannitico, di colore porpora ad
attestare dignità regia, sono inseriti tre rosoni a cinque petali, che è
simbolo anche dei cosiddetti Maestri Comacini, considerati da molti precursori
della moderna massoneria. Quello all’interno
del compasso, interpreta ORA (prega). Il superiore a sinistra LEGE (leggi), a
destra LABORA (lavora). Il balaustrino invece significa nell’araldica sapienza,
giustizia, profondità di senno, conoscenza del mondo e la vite, di colore turchese,
rappresenta il soprannaturale, il destino che regola gli eventi dell’universo.
L’armatura testimonia il coraggio e la lealtà e la protezione offerta ai propri
sudditi . La corona cimata da otto perle, di cui solo cinque visibili, sorrette
da un numero corrispondente di punte è emblema di nobiltà e regalità.
Itinerario incentrato sul “pregare”,
esperienza fondamentale della vita monastica, che poi matura, si esprime e
fruttifica nel “leggere” e nel “lavorare”. Quei valori religiosi e civili
indispensabili per progettare il futuro dove tutto il modus vivendi è, dunque,
frutto di un umanesimo cristiano che pone l’uomo al centro dello spazio e del
tempo, ma è un uomo che mantiene ancora il suo orientamento a Dio. Opera nella
giustizia sapientemente, così come le appartiene l’umiltà del vivere
quotidiano. Apertura al mondo, con in retaggio una grande conoscenza dei
popoli.
Il castello
Era stato costruito sulle rovine di un antico
e grande mulino ad acqua, a partire dal XIV secolo, con stile gotico e di forma
poligonale si rifletteva nell’acqua del fiume, raggiungibile da tre ponti
levatoi, poi sostituiti da tre ponti in legno. Venne ridisegnato e
ristrutturato nel periodo del Rinascimento e successivamente nel XIX secolo dai
Feudatari Dalzoppo.
La tenuta aveva una estensione di 150 ettari
ed il castello era immerso in un verde giardino alla francese che rifletteva il
razionalismo umanistico dell’epoca con i viali, rettilinei ed ortogonali tra
loro, che si dirigevano verso punti focali e decorati da statue e fontane, la
cui acqua era prelevata dal corso del fiume Po.
Delle stanze non è rimasta alcuna foto, né
documento, a testimoniare la bellezza e la preziosità degli affreschi e degli
arredi: tutto quanto andò distrutto con il bombardamento del 1944, allorquando
si salvarono i componenti della Casata perché sfollati, in conseguenza dello
stato di emergenza, nella città di Milano tranne Rosa, colpita a morte dalla
scheggia di un ordigno. Archimede, il primogenito maschio già era esiliato nel
Canton Vaud, parte sud occidentale della Svizzera romanda, prima del settembre
1943, mese della firma dell’armistizio, con l’aiuto della Principessa reale
Mafalda di Savoia per sfuggire alla polizia politica del regime nazi fascista.
Il ricordo tramanda tuttavia di una
grandissima stanza rettangolare con volta a botte, dove erano allineate
numerose librerie e custoditi diversi manoscritti. Ed ancora, di una cappella
con il busto lucente della Madonna con Bambino ed una stanza interamente rosa
con affreschi rappresentativi della primavera contadina.
Gli eventi
Correva l’anno 1872, una grande alluvione del
Po causa significativi danni al castello.
Correva l’anno 1918, muore presumibilmente
annegato il N.H. Ermenegildo Dalzoppo, Marchese di Brede, in una nebbiosa sera d’inverno, ma il corpo e l'imbarcazione non furono mai più ritrovati e ripescati.
L'intera gestione della marca passa alla moglie, la N.D. Domitilla Cavalli, Contessa di Santorso, con tre figli ancora in tenera età da crescere:
Rosa, Francesca ed Archimede, l’erede maschio.
Correva il periodo dall’anno 1944 alla
primavera 1945, si susseguo i bombardamenti angloamericani sul territorio mantovano.
E proprio all’inizio del 1944 a Mantova è completamente distrutto il ponte dei
Mulini (12 mulini), un ponte diga creato al fine di regolare le acque del fiume
Mincio che circondavano la città. Quello stesso evento causa anche il completo
diroccamento del castello, perdita dei granai e delle farine. Perirono la
servitù rimasta e gran parte dei contadini e degli addetti alle macine. A
susseguirsi saranno anni duri ed irripetibile la fama dei Masnon.
Nota: nel dialetto della bassa mantovana
“masnar” significa “macinare”, e “masnin” sta per “macinello, macina di piccole
dimensioni”, mentre “masnon” è il “grande macinatore”, da cui il soprannome dei
Dalzoppo, possessori di mulini ad acqua sul fiume, grandi macinatori di grano.